
BARUCHELLO E LE SUE MICROCOSMOGONIE
“Fa dei grandi quadri bianchi, con delle cose piccole piccole che bisogna guardare da vicino” M. Duchamp
L’11 settembre 1962 Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924) incontra il suo maestro e punto di riferimento Marcel Duchamp in un ristorante milanese “El Ronchett di ran“, e dal quel momento la sua poetica si allinea perfettamente alle parole pronunciate dall’artista francese. Da quel momento l’arte non è più uno spazio, ma – come scriveva Achille Bonito Oliva – un campo un “luogo aperto a tutte le possibili relazioni, policentrico e slittante su cui transitano parole, objet trouvé, immagini che vogliono fondare sempre percorsi del molteplice”. Le tele diventano quindi dei paesaggi invisibili grandi e bianchi, un punto zero all’interno dei quali troviamo segni misteriosi, che ci invitano ad entrare, volenti o nolenti, in una diversa dimensione dello spazio e del tempo, tra il mondo che vediamo quotidianamente e quello invisibile ad occhio nudo.
Il disegno che Pandolfini presenterà all’incanto il prossimo 2 febbraio 2021, racchiude in sé la sintesi di queste tematiche che caratterizzano il lavoro di un artista così poliedrico. Si tratta infatti di una china e colori ad acqua su cartone, intitolata “Seiche, Sec, Sex” del 1985 ed esposta alla Galleria Milano nel maggio del 1987 in occasione della sua personale “Faraone dei Sentimenti”.