
LE NATURE MORTE DI RENATO GUTTUSO
È chiaro che il pittore ha idee, ma non dipinge idee: il pittore dipinge solo le cose. E dal modo come le dipinge scaturiscono le idee.
R. Guttuso, De Chirico o Della Pittura, 1970
Le nature morte di Guttuso rappresentano, fin dagli Anni Trenta, un’essenziale tematica della sua produzione, fonte di profonda ispirazione anche per le generazioni a lui contemporanee. Si sviluppò inizialmente attraverso un crescente interesse nei confronti della sintesi post-cubista picassiana, che rivelava il suo impegno nel recupero della cultura artistica europea, per poi giungere negli Anni Sessanta ad una nuova fase, che manifestava una sfera più meditativa, derivante dall’elaborazione dei temi del realismo e dell’informale.
Questo particolare filone testimonia infatti in modo molto accurato il ruolo fondamentale che la pittura realista ed impegnata assumeva in ogni sua rappresentazione: a partire dai soggetti esplicitamente civili, fino ad arrivare agli oggetti, anche d’uso comune, che l’artista assimilava a lungo per poi restituirli sulla tela carichi di una loro forma, direzione e di un impegno etico sul presente.
Tramite la scelta di questi elementi Guttuso metteva in atto una vera e propria polemica contro la “gerarchia del contenuto” atta a chiarire il fatto che “una strage degli innocenti dipinta da un “arcade” è meno drammatica che due mele dipinte da un uomo in collera” (Guttuso, Pensieri sulla pittura, 1941). Ed in questo modo gli oggetti scelti, tramite la loro potenza espressiva e la forza cromatica, diventavano protagonisti indiscussi, acquisendo una propria e singolare dignità.
Un esempio significativo è “Natura morta con cesto e patate”, un olio su tela del 1960, che il Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea presenterà all’incanto nella prossima sessione estiva 2021.