
DA “PROIEZIONE MOSTRUOSA” A “IMMAGINE REGOLARE”: L’ANAMORFOSI
“In pittura dicesi anamorfosi la proiezione mostruosa o la rappresentazione sfigurata di un’immagine eseguita su un piano, la quale, nondimeno, da un certo punto di vista appare regolare e fatta con proporzioni giuste” (Diderot e D’Alambert, Encyclopédie, 1751).
La conoscenza della tecnica dell’anamorfismo venne per molto tempo trasmessa come dottrina segreta densa di connotazioni magiche e religiose, trovando una maggiore diffusione a partire dal Cinquecento per poi trovare posto, nel secolo successivo, nei trattati di prospettiva, di pratica architettonica e di ottica. È infatti nel Seicento che il termine “anamorfosi” inizia a essere impiegato per indicare un’immagine proiettata sul piano in modo distorto, rendendo il soggetto raffigurato riconoscibile solamente se l’immagine viene osservata in determinate condizioni, ad esempio da un preciso punto di vista o attraverso l’uso di strumenti deformanti.
Molti artisti hanno fatto ricorso all’anamorfismo per inserire nelle loro opere significati nascosti: nella parte inferiore degli Ambasciatori di Hans Holbein il Giovane, ad esempio, è visibile una strana figura che, osservando il quadro da destra e con la testa vicina al piano, rivela l’immagine di un teschio.
Nella prossima asta autunnale di sculture e oggetti d’arte potrete trovare proprio un esempio di questa particolare tecnica artistica, dove a creare la deformazione ottica è il riflesso dello specchio cilindrico, che consente allo spettatore di vedere l’immagine rappresentata nelle corrette proporzioni.