
TURCHERIE, CHE PASSIONE!
Respinti nei Balcani a distanza di sicurezza dopo il fallito assedio di Vienna del 1683, i Turchi – più esattamente i sudditi diversi dell’Impero Ottomano – diventano, all’inizio del Settecento, oggetto di insaziabile curiosità e tema alla moda presso la buona società delle capitali europee. Ne giunge notizia attraverso la letteratura di viaggio sommariamente illustrata, ma soprattutto grazie al Recueil de cent éstampes représentant différentes nations du Levant, pubblicato a Parigi nel 1712 per iniziativa di Monsieur de Férriol. Ambasciatore presso la Sublime Porta dal 1699 al 1710, Férriol aveva incaricato Jean-Baptiste Van Mour, un oscuro pittore di Valenciennes trasferitosi con lui a Costantinopoli, di raffigurare gli usi della corte, le favorite nell’Harem (presumibilmente con uno sforzo di fantasia), gli interni delle case degli armeni e degli ebrei, i giardini di sogno del palazzo imperiale. Ne risultarono una serie di dipinti a olio e le incisioni che, ripubblicate nel 1714 e nel 1715 con ampie didascalie esplicative, diedero origine alla “turcomania” nelle arti applicate e, per quel che ci interessa, ai “quarantatre quadri (che) rappresentano costumi de’ Turchi” che il Maresciallo Matthias von Schulenbugh – vincitore dei Turchi a Corfù nel 1716 – commissionò a Giovanni Antonio Guardi tra il 1742 e il 1743. In gran parte rintracciate, le tele del Guardi si appoggiano alle stampe del Recueil, posseduto dal Maresciallo nell’edizione del 1714, e ad altri dipinti a olio di Van Mour che, alla metà del Settecento, si trovavano in gran numero nei palazzi degli ambasciatori veneziani: individuato un tema di così grande successo, il pittore si era infatti stabilito in Oriente specializzandosi in soggetti richiesti da tutti i viaggiatori europei che li diffusero nei paesi d’origine. Non tutti sono stati rintracciati: mancano ancora quelli che verosimilmente ispirarono le due tele di Guardi prossimamente in asta.