
UN FIORINO CHE GRIDA…LIBERTÀ!
Nell’ultima asta di monete targata Aurea appena conclusasi è stato aggiudicato un bell’esemplare di fiorino d’oro la cui coniazione è attribuibile al secondo semestre del 1376 sotto la direzione del Signore della Zecca fiorentina Benedetto di Nerozzo Alberti. Questa moneta, la cui classificazione è resa certa grazie all’identificazione del simbolo di zecca relativo con quello trascritto nel Libro della Zecca di Firenze, detto Fiorinaio, istituito per volere di Giovanni Villani nel 1316 e da quel momento compilato dagli ufficiali in carica per ogni semestre, ha suscitato particolare interesse proprio per la rarità di quel segno che, ad un primo sguardo, appare piuttosto singolare. Infatti è rappresentato da un piccolo cartiglio con all’interno la scritta LIB, nella consueta posizione a lato del capo del Santo protettore cittadino Giovanni Battista. Il libro della zecca, in prossimità di quel semestre, riporta per l’appunto la coniazione di fiori d’oro con la consueta rappresentazione iconografica (Fiore di Firenze al dritto e la scritta FLORENTIA, Santo al rovescio con la scritta S IOHANNES B) e specifica anche la descrizione del relativo simbolo di zecca: […] novo signo unius compassi et in eo tribus licteris relevantibus: Libertà, hoc modo videlicet [simbolo dello zecchiere].
Ma che significato poteva avere quella dicitura impressa sulla (famosa) moneta fiorentina? Nessuno studioso che si è occupato delle monete fiorentine, almeno sino ad oggi, si è soffermato sulla cosa. Una plausibile interpretazione, che viene proposta per la prima volta in esclusiva per la Settimana di Pandolfini, a cui seguirà un articolo più dettagliato e approfondito, ci viene suggerita da una vicenda accaduta proprio in quel periodo che gli storici definiscono “Guerra degli Otto Santi”. Questa fu una vera e propria guerra tra lo Stato Pontificio e le città del centro Italia, capitanate da Firenze, avvenuta tra il 1375 e il 1378, in un momento di tensione dettato dalla volontà dei legati pontifici di riassoggettare i territori della Chiesa in vista di un imminente ritorno del papa a Roma da Avignone. Il clou della vicenda va individuato nel rifiuto del cardinale di Bologna Guillaume Noellet alla richiesta della fornitura di grano invocata da Firenze: azione che venne vista come il tentativo di indebolire questa città con il tentativo di conquistarla, aggravata dalle truppe del mercenario Giovanni Acuto nelle campagne attorno alla città. Per rivalsa, incitati soprattutto dai semi-ereticali “fraticelli” nemici della corte avignonese, i fiorentini entrarono in lotta con il Pontefice, fomentando la rivolta anche nelle altre città assoggettate, tra cui, Milano, Bologna, Lucca, Siena, Pisa e Viterbo e moltissimi comuni dell’Italia centrale. Per questo i fiorentini vennero scomunicati dal Papa e, come contromossa, questi elessero Otto Magistrati della Guerra, di cui alcuni membri dei Bardi, Salviati, Strozzi e Salutati, chiamati anche “Otto Santi” a sottolineare la legittimità morale delle loro rivendicazioni. Dopo lunghe ed estenuanti trattative, che si protrassero anche dopo la morte di papa Gregorio XI, finalmente venne firmato un trattato di pace il 28 luglio 1378 a Tivoli che sancì la fine della guerra.
Il raro fiorino con il motto Libertà va inquadrato in questo contesto e va interpretato come una chiara mossa politica dei fiorentini che, sfruttando la sua diffusione a livello internazionale, hanno identificato nella moneta aurea il più valido tra gli strumenti di comunicazione (della ribellione) al di fuori dei propri confini territoriali.