
ENZO MARI, MOLTO PIÙ CHE DESIGN
“Ho iniziato a mantenermi con il lavoro di progettista a trent’anni: prima ho fatto cose dell’altro mondo. Se uno pensa che decidere quale mestiere vuole fare da grande significhi automaticamente trovare un posto, sbaglia. Il proprio spazio, uno se lo deve ritagliare, con passione e ostinazione: la società non te lo regala. Anzi. Tende a ridurre il più possibile ogni impulso all’autonomia.”
Con queste parole Enzo Mari sembra quasi giustificare la sua figura di outsider nel mondo del design. In più di 60 anni di lavoro diviene un punto di riferimento attraverso i suoi progetti ma soprattutto con i suoi contenuti teorici, filosofici e politici.
“Sono sempre convinto che industria e design non possono non tener conto della parola égalité, uguaglianza, una parola fondamentale, tanto da occupare il primo articolo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, ma come fare a progettare una cosa “bella e buona” per tutti, comprensibile e apprezzabile da tutti, anziché farla restare patrimonio di una piccola élite?”
Contrasti che lo accompagneranno dalla progettazione per Danese alla stesura del “Manifesto di Barcellona”, forte critica al consumismo che ha preso il sopravvento sulla progettazione del prodotto, attraverso il conferimento di ben cinque Compassi d’oro.
“Il progettista non può non avere una sua ideologia del mondo. Se non ce l’ha, è un imbecille che dà solo forma alle idee altrui.” (Enzo Mari, 1997)
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