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La Settimana di Pandolfini

GIOIELLI SU PERGAMENA

 

L’invenzione della stampa, verso la metà del XV secolo, ha accelerato il declino del manoscritto decorato da preziose immagini e capolettera miniati: nel secolo successivo, tuttavia, si assiste a uno straordinario revival della miniatura intesa però come vera e propria pittura in piccolo su carta e pergamena. Nei raffinati ambienti culturali delle corti europee cinquecentesche, l’antica arte del miniare ha realizzato veri e propri oggetti di lusso destinati a una fruizione esclusiva, di altissima qualità esecutiva e inseriti spesso all’interno di ricche cornici con decorazioni in metalli e pietre preziose.

Corredata ancora della sua originaria incorniciatura lignea coronata da un cherubino in metallo dorato, una Incoronazione di spine su pergamena, dalla delicatissima cromia, realizzata dal fiammingo Frans van de Casteele (Bruxelles, 1540 – Roma, 1621), italianizzato in Francesco da Castello, verrà offerta, con altre significative prove di quest’arte, durante l’asta di Opere su carta: dipinti, disegni e stampe dal XVI al XIX secolo (11-18 aprile). Si tratta di una delle figure meglio note tra gli artisti specializzati in questa tecnica attivi a Roma alla fine del Cinquecento.

 

Altrettanto celebre, tanto che le sue miniature furono apprezzate anche al di fuori dei confini della Repubblica di Genova, dove aveva bottega, specialmente nella cattolicissima Spagna, è Giovanni Battista Castello, il Genovese (Genova, 1547 – 1637), in asta con una superba Deposizione dalla croce, desunta da un’invenzione di Raffaello, nota grazie a un bulino, in controparte, di Marcantonio Raimondi (Bartsch XIV.37.32). Spesso, per far fronte all’elevatissima richiesta di pergamene miniate, gli artisti attingevano da nutriti repertori figurativi. Estremamente ampio era il bagaglio iconografico del genovese, da Raffaello ai maestri veneti del Cinquecento sino alla tradizione pittorica della sua città, immediatamente precedente o coeva: nella sua abitazione a pochi passi da Strada Nuova a Genova erano conservate all’interno di volumi raccolte di disegni, non solo di mano propria ma anche di altri artisti, e di stampe, definite dal suo biografo, Raffaele Soprani, “libri di lavoro” (Soprani 1674, p. 138). Da qui traeva spunti per immagini da trasformare, attraverso un accuratissimo disegno e selezionatissimi pigmenti, in colorati gioielli su pergamena.

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