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La Settimana di Pandolfini

LEEMANS E LA RICCHEZZA DI DETTAGLI NELLA MANIFATTURA FIAMMINGA

Quando si parla di grandi imprese seicentesche specializzate nella fabbricazione di arazzi, il primo riferimento che viene spontaneo fare è alle rinomate manifatture fiamminghe; la tappezzeria delle Fiandre aveva infatti consolidato la propria egemonia nel mercato europeo già a partire dal quattordicesimo secolo.

La bravura dei maestri fiamminghi e l’eccellente qualità dei loro lavori avevano attratto acquirenti e mecenati da tutta Europa, pronti a pagare ingenti somme di denaro pur di avere una delle loro opere appese nei saloni delle proprie dimore. Il caso più famoso è quello di papa Leone X che, nel secondo decennio del Cinquecento, decise di rivolgersi alla bottega di Pieter van Aelst a Bruxelles per la realizzazione del ciclo di arazzi raffiguranti le Storie dei santi Pietro e Paolo, su cartoni di Raffaello, per la Cappella Sistina.

Purtroppo, a causa della documentazione d’archivio molto frammentata, sono poche oggi le figure professionali delle quali è stato possibile ricostruire l’attività e l’importanza che ebbero all’interno del ricco panorama artigianale belga. Tra questi vi è l’autore dell’arazzo che Pandolfini propone in occasione della prossima asta “Mobili, arredi e oggetti d’arte” del 25 ottobre 2023.

Sebbene non sia possibile dare un nome al creatore dell’opera, il modello su cartone del nostro arazzo sembra avere qualche elemento in comune con i cartoni attribuiti al pittore Lanceloot Lefebure (Lefebvre, Lefevre). Sappiamo infatti che il genio creativo di Lefebure si manifestò in due serie di arazzi raffiguranti le Storie di Costantino e le Inclinazioni degli uomini, oggi conservati tra musei pubblici e collezioni private, e realizzate a Bruxelles dalle botteghe degli arazzieri Matthijs Roelandts e Joris Leemans. Dai cartoni del pittore, Roelandts e Leemans hanno eseguito diverse copie, di cui gli studiosi hanno individuato almeno un paio di edizioni delle Inclinazioni e svariate delle Storie di Costantino. Ed è proprio alla bottega di Leemans che è possibile attribuire la realizzazione dell’arazzo, come si evince dalla firma tessuta nella parte inferiore della bordura.

Osservando la scena centrale del manufatto è chiaro come il nostro artista, così come Lefebure, fu influenzato dalle novità stilistiche che Peter Paul Rubens portò nelle Fiandre e in Francia intorno al 1620, con i suoi cicli di arazzi dedicati alle storie di Publio Decio Mure e dello stesso Costantino.

Ciononostante, la monumentalità rubensiana sembra in questo arazzo far spazio a pose allungate e contorte, con gestualità al limite del naturale. Anche analizzando la composizione si notano delle sostanziali differenze: Rubens predilige strutturare lo spazio in maniera più ariosa, dando maggior risalto all’avvenimento principale; il nostro artista crea luoghi ricchi di dettagli, caratterizzati da un continuum tra la vicenda messa in atto e il proscenio.

In questo caso le figure sono circondate, quasi soffocate, dall’innumerevole quantità di elementi simbolici; così come lo sfondo è stato animato collocandovi al suo interno il grifone e il pastore immerso tra la vegetazione boschiva. L’attenzione per l’elemento decorativo è ancora più visibile nella bordura esterna dove si ripetono pedissequamente festoni floreali, nastri, putti, candelabre e cartigli incorniciati da volute, zampe chimeriche e pappagalli.

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